Paesaggi

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Paesaggi

I paesaggi sono apparsi negli anni Novanta e consistono di luoghi e altri elementi del territorio come rappresentati da una vista aerea, dividendo l'intera supeficie della tela in più parti: una scomposizione geometrica che ripartiva il tutto in più sezioni. Col tempo quelle inferiori vennero ricoperte di colori, a volte sopiti altre più squillanti, mentre la parte superiore, più o meno corrispondente alla metà del quadro, era occupata da uno spazio chiaro, in parte bianco, presieduto da una parola oppure una lettera alfabetica, una "R" fedele riproduzione della omonima capitalis rustica romana. Nacquero così i Paesaggi. Ugualmente arrivai a comporre quelle "griglie" inferiori come le immaginavo nella tavolozza di alcuni pittori quali Gauguin, Cezanne, Nicolas De Stael, cercando di adoperare i loro colori, il loro disporli sulla tela, il verso e la pasta della pennellata. Tutto rientrava nella poesia visuale, per quelle lettere o parole che occupavano la parte superiore della superfice. Col tempo poi mi sono accorto di quanto queste opere proponessero anche una concezione dello spazio, lontana ed estranea ai canoni delle poetiche verbo-visuali: il paesaggio ugualmente fatto dal pensiero e dalla storia dell'uomo, rappresentato nella parte superiore dell'opera, mentre nella parte inferiore erano i colori, a volte nella stesura materica, a rappresentare la natura cosi come si dispiega sulla terra che la nutre. Una sorta di elaborazione post-cubista, o una sovrapposizione di layer  dove l'opera dell'uomo e quella della natura convivono come parti o elementi che ugualmente vanno a comporre una stessa visione.

 

 

“Nella carne stessa del paesaggio in cui s’imprimono e perdurano tutte le stigmate del passato. Il paesaggio è una memoria e io posso interrogarla”
Jacques Leenhardt, Michel Audoy, Michel Corajoud, Hartmann, Paris 2000.
 
 
L’uomo e le sue idee sono parti del paesaggio: contribuiscono alla modifica dei luoghi, alla sua trasformazione, rendono possibili altre bellezze, oppure altre aberrazioni.  In un recente testo   Paolo emilio Antognoli scrive: “Il paesaggio che si vede e ci circonda non è patrimonio degli architetti, degli urbanisti, dello stato. Ma dell’abitante che trasforma il territorio nel corso del tempo. Con la sua capacità di farsi paesaggio assieme alla natura”. accennando all’opera,  di  uno dei più grandi architetti - paesaggisti del novecento Bernard Lassus, e al suo leitmotiv: il paesaggio come statigrafia di layer  cronologicamente sovrapposti da interpretare e leggere attraverso un'archeologia poetica.
Il paesaggio rappresenta il segno evidente di una civiltà, o del suo degrado, ne è memoria, storia e racconto. Non più l’uomo spettatore di un ambiente o luogo che detti ritmi e stili di vita - ma egli stesso e le sue idee parti di quest'ultimo, come l'azzurro del cielo o il verde dei prati.
 
I miei paesaggi, nati negli anni Novanta del secolo scorso, accolgono e riflettono questa nuova visione concezione dell'ambiente: agli elementi naturali si affianca il pensiero e il sapere dell'uomo, rappresentato dalla R della capitalis rustica romana, non più uno a contendere o negare spazio all'altro, ma luogo dove solo nell'insieme delle varie componenti, - la terra, il cielo, l'uomo che ne è sintesi e parte - nella loro armonia, che la bellezza e l'estetica possono indicare e coltivare, ogni parte che lo costituisce, ogni elemento, trova la propria espressione più alta e completa.