La mia prima apparizione, nella poesia visiva, nel luglio 1983, presso Villa Gori, a Stiava (LU), insieme a una mostra di fotografia e una di pittura, organizzata dal Circolo Arci Versiliese e dal Comune di Massarosa. Mi presentai con questo testo, stampato su un pieghevole, che raccoglieva anche i testi di Enesto Altemura e Renzo Pieruccioni e dedicati, rispettivamente, a Luciano Albiani ed Enrico Sacchetti e alle loro opere di pittura e fotografia.
"La letteratura — scrive Roland Barthes — la sa lunga sugli uomini. Nella Genesi leggiamo che la creazione del mondo avviene semplicemente « pronunciandolo ». La parola dà forma alle cose, le racconta all'esperienza dell'uomo, e si fa suo strumento di comunicazione. In questo modo possiamo interpretare il senso di ogni «farsi artistico». Ed è altresì in un principio di comunicazione che l’arte trova la prima ragione del proprio continuo sviluppo. Quanto cammino dai primi segni che l’uomo componeva per trasmettere ad altri uomini ciò che la sua cultura aveva ordinato! Ed è presumibile che future forme di comunicazione useranno sistemi diversi, quali i colori, le note musicali, le parole, ordinati non solo nello stesso messaggio ma anche nello stesso alfabeto. A tutto questo già guardano diverse espressioni artistiche che più generalmente rientrano nella denominazione di «poesia visiva». Dalle «parole in libertà » dei futuristi ai calligrammi di Apollinaire, dalle « pagine di scritture» di Accame alla «poesia tecnologica » di Pignotti, uno stesso intento ha sorretto queste esperienze: di concepire la parola non solo come segno semantico, ma anche come strumento visivo. Un manifesto pubblicitario può essere un esempio di come le parole e l'immagine possano concorrere ad uno stesso effetto. Da questa breve introduzione si può facilmente cogliere il senso di ciò che sto presentando: una prova sulle disponibilità della parola usata in uno spazio tradizionalmente visivo. Queste tele, questi quadri, possono essere concepiti come «altre pagine »; strumenti di una struttura linguistica capace di ricostituire i propri segni in un altro ordine; dove la nostra «coscienza delle cose » riesca a stupirsi, a non riconoscersi, al suono o all'apparizione di quelle stesse parole che le pronunciano. Ed in fondo non è proprio di ogni percorso artistico rimuovere le considerazioni su di un «certo tema», qualunque esso sia, ampliandole in virtù di una ristrutturazione, di una invenzione, puramente linguistica? Ecco allora l'invito a non voler considerare quanto presento come un fatto compiuto, un disegno ed una scritta chiusi in uno spazio. Piuttosto sono momenti, frasi, di una stessa convinzione: che sia possibile scrivere poesie fatte di parole, forme, colori."
Arturo Lini, presentazione alla mostra Poesia Visiva